Il terapeuta, durante un colloquio, fa tante domande.
A cosa servono tutte queste domande?
Servono a indagate esperienze e descrizioni, le domande sondano le spiegazioni che il cliente e le persone significative danno al problema e il terapeuta, domandando, apre la possibilità a possibili connessioni di eventi, emozioni e significati.
T: “Come è emerso questo problema?”
T: “Quando si è accorto del problema?”
T: “Quando ha avuto i primi segnali?”
T: “Quali erano questi segnali?”
T: “Lei ne aveva parlato con qualcuno di questo problema?”
T: “Cosa le avevano detto le persone con cui aveva parlato?”
T: “Come se l’erano spiegato ciò che accadeva?”
T: “Lei piangeva?”
T: “Perché piangeva?”
T: “Pensava fosse una cosa seria?”
T: “Cosa ha pensato?”
T: “Che spiegazione ha dato al problema?”
La domanda apre al dubbio, all’idea che esistono possibili alternative e permette di uscire da idee rigide dal carattere di immutabilità.
Domandare apre lo sguardo, allarga l’orizzonte, porta a scrutare, cercare, vagliare e sussurra l’idea che ci sono alternative possibili a quanto fino a poco prima sembrava dolorosamente immutabile.
Il cliente viene spinto, attraverso le domande, all’auto osservazione e a confrontare come si vede con il come è visto dagli altri. Il terapeuta cerca di portare a prendere in considerazione altri punti di vista uscendo dalla rigidità e cercando differenze.
Sono importanti domande alla ricerca di informazioni e domande su differenze e cambiamenti nei comportamenti nel corso del tempo.
Le domande permettono al terapeuta di riformulare la storia raccontata dal cliente e di introdurre mondi possibili, un mondo dove il sintomo è riletto in maniera simbolica. In questa maniera si suggerisce un’ipotesi che prova a contrastare una visione che si presenta spesso rigida o difesa.
Sta già iniziando un nuovo racconto, una nuova storia piena di nuove idee e opportunità. Le domande aiutano a ridescrivere il passato, a ridefinire il presente ed aprono al futuro introducendo l’idea che il tempo sarà di aiuto e sostegno.
“E’ come introdurre una sequenza che apre il presente al futuro. Si connota positivamente l’assenza di cambiamento e contemporaneamente si indica la possibilità di cambiare…. L’uso di alcune locuzioni temporali, del genere per il momento, in questo periodo di tempo, finora/in seguito, non è ancora il momento ecc, toglie il potere di cambiare all’intenzionalità, alla volontà dei clienti e dei terapeuti, per riconsegnarla, al tempo, al futuro……. Alla realtà del sintomo viene accostata un’altra possibile realtà. Un nuovo futuro si dischiude alla coscienza dei clienti” (Boscolo e Bertrando, 1993)